Dalla lettura
delle riviste fotografiche del 1960 si ha la sensazione che quello fu
un anno di transizione, relativamente tranquillo.
L'industria
fotografica giapponese lavorò ad un consolidamento della
propria
posizione nel mercato europeo ed italiano puntando non su grandi
novità ma sul perfezionamento di modelli già
conosciuti dai
fotografi: tra le fotocamere nipponiche presentate in quell'anno
c'erano la Pentax H2, la Petri Penta, la Konica F, la Yashica
Pentamatic, la Canon VII, la Komaflex S (reflex 4x4).
In Italia
persisteva la difficoltà a reperire tutti i modelli di
apparecchi
fotografici fabbricati in Giappone a causa della restrittiva
legislazione sulle importazioni da quel paese e quindi anche per le
fotocamere giapponesi iniziarono gli ingressi di contrabbando.
L'industria
fotografica della Germania Occidentale rispose puntando ancora verso
l'automazione dell'esposizione, anche in questo caso i modelli nuovi
fabbricati furono pochi mentre abbondarono le versioni migliorate di
modelli già visti ed apprezzati, per quell'anno possiamo
citare le
Agfa Ambiflex e Optima III, le Zeiss Contarex, Contessa Matic,
Contina Matic, Continette, Tenax e Symbolica, la Kodak Retina
Automatic III, la Voigtlander Vito CL.
Per le
pellicole a colori si assistette ad una offensiva della Kodak che
presentò la nuova invertibile Ektachrome E3 con
sensibilità di 160
ASA; la Ferraniacolor anche se migliorata era ancora imperfetta, con
una visibile dominante verde-azzurra.
In generale aumentò
ancora l'uso del colore, i costi rispetto al bianco e nero erano
ancora alti anche se in calo; le stampe su carta oltre al costo
avevano una resa dei colori poco soddisfacente.
Come sempre
l'industria fotografica italiana cercava di mantenersi uno spazio nel
settore delle fotocamere economiche dove la concorrenza straniera era
minore ed alla Fiera di Milano erano in esposizione alcuni nuovi
apparecchi: la Bencini Koroll 24S, la Ferrania Lince 2, la Sede
Kelvin Royal; erano presenti anche le fotocamere giapponesi, della
Germania Est e dell'Unione Sovietica.
La Photokina
di Colonia era sempre più grande ma le novità
presenti furono
poche, era diventato più un luogo di incontro tra operatori
del
settore, dove concludere accordi ed affari, venne tra l'altro deciso
che la Fiera avrebbe avuto in futuro una cadenza triennale; una delle
poche novità fu l'italiana Durst Automatica che seguiva la
moda
germanica dell'automazione, per dovere di cronaca citiamo anche le
Ferrania Electa I e II che però erano Made in Germany.
Ma le
fotocamere giapponesi erano veramente convenienti?
La risposta
non era facile, sicuramente la loro presenza teneva bassi anche i
prezzi degli apparecchi tedeschi il cui costo era invariato rispetto
al 1959, anche se molto dipendeva dalle politiche commerciali dei
singoli rivenditori.
Cosa rimaneva
nel 1960 dell'industria italiana di fotocamere per
dilettanti?
Erano sicuramente ancora attive la Bencini, la
Closter, la SEDE, la Ferrania, la Durst, la Galileo, tra queste solo
le prime tre avevano come unica attività la produzione di
apparecchi
fotografici mentre le altre avevano forti interessi in altri settori:
la produzione di materiale sensibile, di attrezzature per sviluppo e
stampa, di apparecchi scientifici.
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