FOTOCAMERE  ITALIANE  1946-1964
ITALIAN  CAMERAS  1946-1964
1961

    Nel 1961 una pubblicità Ferrania recitava “ 1961 - anno del colore”, ed aveva ragione perchè si può affermare che da quell'anno l'uso delle pellicole a colori iniziò a correre senza più freni. 

    Quali furono le ragioni che concorsero a determinare tale piccola rivoluzione? 
    Sicuramente le migliori condizioni economiche e sociali che permettevano anche alle classi meno ricche di avere un poco di tempo e di denaro da destinare ad attività ricreative come la fotografia, ma bisogna aggiungere che proprio in quell'anno ci fu una fortissima riduzione dei prezzi delle pellicole a colori e del costo delle operazioni di sviluppo e di stampa delle stesse. 
    La riduzione dei prezzi e dei costi fu rilevante, in molti casi raggiunse valori del 30-40%.

    Va inoltre considerato che le nuove schiere di fotografi, per lo più giovani e con poche conoscenze tecniche, si orientarono soprattutto verso l'acquisto di apparecchi automatici con cui fotografare senza porsi molti problemi delegando poi al fotografo di fiducia o ai laboratori specializzati le operazioni di sviluppo e stampa, i nuovi fotodilettanti non avevano nessun interesse per la camera oscura, erano i candidati ideali all'uso delle pellicole a colori che poco si prestavano ad essere trattate in proprio dal fotografo stesso.

    Il mercato fotografico era in forte espansione ma sul fronte degli apparecchi fotografici non si ebbero grandi novità, sembrava quasi che le industrie tedesche e giapponesi avessero raggiunto un tacito accordo: 

   - le industrie della Germania Occidentale continuavano nella produzione di fotocamere automatiche ottenendo risultati più che positivi se si considera che ad esempio in due anni la Agfa aveva prodotto e venduto 500.000 apparecchi Optima; si puntava molto ad avere alti volumi di produzione in modo da mantenere i prezzi bassi. 
    Così in quell'anno vennero presentate ad esempio le Zeiss Colora e Contessamatic, la Kodak Retina Automatic III, la Agfa Optima Electric (con scatto e avanzamento motorizzato). 

    - le industrie del Giappone puntavano invece sui modelli più classici (telemetro e biottiche) e naturalmente sulle reflex 35 mm, ad esempio vennero presentate le Minolta SR1 e SR2, le Canon Canonet e Canon 7 (con obiettivo f : 0,95) e la Asahi Pentax Spotmatic con un nuovo sistema di misurazione dell'esposizione dietro l'obiettivo che però rimase in quell'anno a livello di prototipo. 
    Attorno alle fotocamere giapponesi in Italia a causa delle difficoltà nelle importazioni si sviluppò un forte flusso di contrabbando che transitava attraverso la Svizzera 

    - Era sempre più attiva ed interessante la presenza sul mercato italiano di fotocamere prodotte in Germania Orientale ed in Unione Sovietica che erano vendute a prezzi molto convenienti.

    Alla Fiera di Milano non ci furono novità di rilievo, l'unica industria italiana a presentare nuove fotocamere fu la romana Closter con alcuni apparecchi economici, la Standard, la C60 e la C61; nel 1961 la Ferrania invece era molto impegnata nella promozione della sua pellicola per il colore Ferraniacolor.

    Sulle riviste fotografiche di quell'anno si aprì un dibattito intorno alla qualità delle fotocamere giapponesi, alla fine tutti si trovarono d'accordo nel dividere gli apparecchi giapponesi in due tipologie: 
- quelli molto economici, fabbricati da piccole e sconosciute aziende, che erano anche di scarsa qualità, e quindi da evitare 
- quelli prodotti dalle grandi aziende nipponiche che nulla avevano da invidiare alle fotocamere europee, anzi presentavano spesso soluzioni tecniche innovative.


VOCI DALLA FIERA DI MILANO

CLOSTER
STANDARD

CLOSTER
C 60

CLOSTER
C 61



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